Luigi Micheletti Foundation

Research centre on contemporary age

10/08/2016
L'Altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico - Rivoluzione e sviluppo in America latina - Vol. IV
Opere in coedizione
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La rivoluzione politica non è più al centro dell'immaginario collettivo, i movimenti sociali latinoamericani degli ultimi decenni sono calati nel locale, nelle singole situazioni, e contemporaneamente aperti al mondo, universalistici. Quello contadino lancia lo slogan «Una campagna mondiale di mutuo appoggio tra i popoli rurali», ma ciò avviene ponendo attenzione a non proporsi come modello, guida, centro, direzione etc., per consapevolezza dei propri limiti ma ancor più perché si è consumato del tutto il ciclo storico della sinistra novecentesca focalizzato sulla conquista e l'occupazione dello Stato. La meta a cui si aspira non è un tutto unico, difeso dall'armatura statale, ma un pluriverso, un mondo di molti mondi, una pluralità di identità, di modi di vivere, una molteplicità impegnata nella creazione di un mondo nuovo, che abbia al centro la liberazione della Terra e l'inaugurazione di un'era ecozoica, ponendo fine all'antropocentrismo prima che la sua definitiva affermazione segni la condanna a morte del pianeta. L'assoluta sproporzione delle forze in campo parrebbe rendere vana e velleitaria la proposta che sintetizzando le istanze del pensiero critico latinoamericano viene formulata in questo volume da vari interventi, in particolare nei due conclusivi di Arturo Escobar e Gustavo Esteva. È però possibile trovare uno spiraglio, un passaggio, ripensando il concetto di capitalismo e di capitale, come essi invitano a fare, prendendo le distanze dalle concezioni totalizzanti. Nel «declassamento epistemico della sinistra » (A. Escobar) bisogna inserire le teorizzazioni sul concetto di Capitale totale, ovvero in altra area politica quello di dominio assoluto della Tecnica. Scambiando un processo conflittuale con una realtà compiuta ci si consegna alla passività e all'impotenza. Lo scenario dell'America Latina, nel tempo successivo al crollo dell'89, nei decenni della globalizzazione capitalistica, consente di scorgere alternative in atto, dal basso, nei luoghi e nei territori, con una sorprendente capacità di autonomia, a dimostrazione che è possibile la costruzione di spazi sociali liberi sia nelle città che nelle campagne, con l'avvertenza che solo dal loro incontro, storicamente sempre mancato, avverrà il passaggio ad una fase superiore, possibile perché necessario.